Palermo (PA) // 2 marzo 1988 // 31 anni
Donato Maria Boscia era un imprenditore della Ferrocemento. Ingegnere, aveva 31 anni e una carriera lunghissima davanti a sé. La sera del 2 marzo 1988 fu freddato a Palermo da cinque colpi di pistola. Fu la mafia a decretare il brutale assassinio. Il maxiprocesso, celebrato e conclusosi a Palermo nel 1997 con 22 condanne di cui 14 all’ergastolo, dimostrò che era coinvolto nell’omicidio del giovane ingegnere di Gioia del Colle anche Salvatore Riina. Che Balduccio Di Maggio era implicato nei fatti. Che Donato Maria Boscia morì perché stava costruendo una sezione dell’acquedotto siciliano sul quale la mafia non era riuscita a mettere le mani. «Si era laureato a 23 anni al Politecnico di Torino in ingegneria – racconta l’ anziano padre Vito – e da subito aveva cominciato a ricevere proposte di lavoro. Dopo il servizio militare scelse di lavorare per la Ferrocementi di Roma e in poco tempo aveva già fatto tanta carriera. Gli assegnarono la direzione del cantiere per l’acquedotto a Palermo: doveva sfondare il Monte Grifone e aveva scommesso con gli operai che sarebbe riuscito a farlo entro il 14 aprile del 1988. Poi la disgrazia e gli operai continuarono a lavorare anche di notte e senza paga, ma riuscirono a traforare l’ultimo muro il 14 aprile. Scherzando diceva che sarebbe tornato da Palermo in una bara, ma noi non potevamo sospettare, anche se dei segnali li avevamo avuto: attentati ai mezzi meccanici, danni. Poi un giorno, Balduccio Di Maggio che si presenta da lui fingendo di essere un operaio in cerca di lavoro. Ma queste sono cose che abbiamo saputo solo dopo». La sera del 2 marzo, Donato stava tornando a casa. Smontava dal servizio alle 17, s’ intratteneva sempre un po’ di più sul cantiere con gli operai. Gli orari della sua giornata erano sempre gli stessi e i killer lo sapevano. Bloccarono la sua auto a un incrocio, lo freddarono con cinque colpi di pistola.
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